Howard Phillips Lovecraft nasce il 20 agosto del 1890 a Providence. Ovviamente, tappa immancabile nella vita di ogni scrittore, quando il piccolo Howard ha soli 3 anni, il padre comincia a manifestare segni di una psicosi, verrà ricoverato in un ospedale psichiatrico e morirà 5 anni dopo per sifilide. Così la mamma prende il figlioletto di otto anni e va a vivere dai nonni, dove ci sono anche le sue due sorelle. Il nonno Whipple lo farà appassionare alla letteratura gotica, gli farà leggere le fiabe dei Fratelli Grimm, Le mille e una notte e delle riduzioni per ragazzi dell'Iliade e Odissea.
È a questi anni che risale la sua invenzione del Necronomicon, un testo di magia nera scritto da Abdul Alhazred, un arabo pazzo vissuto a Damasco nell'VIII secolo e morto fatto a pezzi da un essere invisibile.
Qui sopra una foto del nonno Whipple: “Vieni Howie, visto che sei triste ti faccio leggere qualcosa di Poe che così ti tiri un po' su.” |
Negli stessi anni il giovane Lovecraft comincia a fare amicizia coi suoi coetanei, ma la mamma cercherà immediatamente di porre un freno a questo suo comportamento assolutamente inaccettabile con la seguente scusa: “Ma Howie, cosa esci a fare di casa: non vedi quanto sei BRUTTO?”
Il povero Lovecraft all'età di 8 anni. |
Quando nel 1897 la nonna materna muore, il giovane Lovecraft reagirà come tutti reagiscono davanti alla perdita di un progenitore: facendosi perseguitare nel sonno da dei demoni notturni. Aveva provato a seguire l'esempio di uno dei suoi scrittori preferiti (Edgar Allan Poe) andando a piangere sulla tomba di lei nelle notti tempestose, ma presto Lovecraft si renderà conto di trovarsi molto più a suo agio a farsi tormentare da mostri immaginari.
"Mostri immaginari. Bitch, please." |
Nel 1900 comincia ad avere i primi esaurimenti nervosi e quando nel 1904 il nonno muore, la famiglia si ritroverà in gravi difficoltà economiche. L'anno successivo una trave cade in testa al nostro protagonista, condannandolo a mal di testa cronici per il resto della sua vita.
Nonostante la vita difficile il giovane Lovecraft cerca di tenere duro e comincia a pubblicare su una rivista di astronomia a soli 16 anni, frequentando nel frattempo anche il liceo. Purtroppo, nonostante la grande forza di volontà, non riesce a rimanere a scuola a causa dei sempre più frequenti esaurimenti nervosi, e nel 1909 sarà costretto ad abbandonare del tutto. Pur avendo avuto gravi difficoltà in matematica, Lovecraft in questi anni sviluppa una profondissima conoscenza in storia, linguistica, chimica e astronomia.
Come nella storia di ogni scrittore maledetto che si rispetti, nel 1911 la famiglia cade definitivamente in disgrazia per non uscirne mai più. Fortunatamente Lovecraft troverà lavoro come correttore di bozze. In questi anni rimarrà recluso in casa assieme a sua madre, uscendo soltanto di notte e passando il resto del tempo a scrivere ma senza avere mai il coraggio di proporsi come scrittore.
Solo nel 1916 pubblica The Alchemist e comincia a dare vita alla sua fitta trama di corrispondenze con altri scrittori: fra i suoi amici di penna Robert Bloch (l'autore di Psycho, per intenderci) e Robert E. Howard (l'autore di Conan il Barbaro).
Ma siamo ormai nel 1917 e ta-dan! Scoppia la prima guerra mondiale e Lovecraft ha deciso: entrerà nella guardia nazionale di Rhode Island! Oh! Sogni di gloria militare!
La vedova Lovecraft ovviamente però glielo impedisce: “Ma Howie, lo faccio per te! Hai idea di quanto saresti ancora più INGUARDABILE con la divisa militare addosso? E poi cosa fai, mi lasci qui da sola, vedova, senza soldi...” e quindi Howard non ci va.
Nel 1919 la madre viene ricoverata per poi morire due anni dopo in ospedale. Lovecraft reagisce come chiunque reagirebbe davanti alla morte di una madre così adorabile.
LET'S PARTY!
Lovecraft comincia a partecipare a conferenze, legge racconti in pubblico, viaggia, intrattiene una relazione con una tale signorina Sonia (epistolare, vorremo mica esagerare con 'sta botta di vita che il ragazzo è cagionevole e poi ci rimane secco), comincia a scrivere per la rivista Weird Tales.
Nella foto qui sopra Lovecraft sfoggia uno dei suoi sorrisi migliori. |
Il 3 marzo del 1924 finalmente lui e la signorina Sonia si sposano e si trasferiscono insieme a Brooklyn.
Poco dopo, la moglie, da cui derivava il maggior sostentamento economico, perde il lavoro e si ammala. Arriva quindi il momento in cui Lovecraft deve rimboccarsi le maniche e fare la parte dell'uomo di casa: comincia a mandare cv a destra e a manca, ma niente: ormai ha 34 anni e nessuna reale esperienza lavorativa alle spalle.
“Quindi, cosa sai fare?”
“So scrivere.”
“Ok, e poi?”
“No ecco. E poi basta. Però scrivo bene eh.”
Fortunatamente gli viene offerto un posto come direttore di Weird Tales. Sembrerebbe il lavoro perfetto. Sembrerebbe la soluzione ideale.
E lo è.
Quindi Lovecraft rifiuta il posto: “Chicago è lontana e io sono troppo vecchio per un trasloco così difficile” (34 anni, ricordiamo).
Così la moglie è costretta ad accettare un lavoro che la porta a viaggiare di continuo e a mandare gli assegni di mantenimento al marito, il quale deciderà alla fine di tornare a vivere a Providence. Qui scriverà tantissimo fino a essere notato da Harry Houdini, il quale gli commissionerà un racconto e deciderà di provare ad aiutarlo con la sua disastrosa vita. Ma poi muore prima di poter fare alcunché.
Oh, io ci ho provato. |
Lovecraft non tenta di vendere i suoi racconti e quelle poche volte in cui ci prova finisce per scoraggiarsi al primo rifiuto, arrivando addirittura a non richiamare gli editori interessati.
Nel 1937 gli viene diagnosticato un tumore all'intestino, e ne morirà nel marzo dello stesso anno.
Sepolto nella tomba di famiglia, i fan gli pagheranno una sistemazione più interessante con una lapide tutta sua, con l'epitaffio: “I AM PROVIDENCE”.
Dopo una settantina d'anni dalla sua morte qualcuno ha cercato di dissotterrare il corpo, pensando di trovarlo sotto la nuova lapide.
Insomma, c'avrà avuto una vita di sfiga, ma se cercano di rubare il tuo cadavere sai che sei arrivato almeno almeno al livello di Mike Bongiorno.
Dai Howard, allegria! |